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AHA Statement on CRAO: time is eye!


Central Retinal Artery Occlusion (CRAO) is associated with loss of acuity in the affected eye in one out of five patients.

When the occlusion is caused by an embolic or atherothrombotic event, a retinal infarction appears which must be considered as part of an ischemic stroke, with the inherent risk of recurring events.



Retinal infarction may be due to a late complication of atherosclerotic compromise of the retinal arterial branches or to embolic occlusion of the ophthalmic artery.

The incidence is 2 people per 100,000 inhabitants / year, but asymptomatic events are more numerous.

Central retinal artery occlusion is strongly associated with ipsilateral carotid stenosis (about 1/3 with stenosis> 70%), atrial fibrillation and common atherosclerotic risk factors.

The consequence is a variable ischemic suffering not only of the retina, but also of the optic nerve or eyeball, partly linked to the presence of collateral circulation deriving from the external carotid artery.

The presence in 1/3 of patients of the cilio-retinal artery capable of vascularizing the fovea, can lead to occlusion of the central artery asymptomatically.


Damage to the retina depends on the time and duration of the occlusion (time is the eye, we could say), it seems that the damage begins gradually after an hour and a half, and becomes severe and irreversible after 4 hours.

Visual disturbances can affect central vision (visual acuity), peripheral vision (field deficiency), color vision, and stereo vision.

8% of patients experience permanent loss of vision with subsequent functional dependence and greater risk of falls.


5% of occlusions are related to an inflammatory disorder such as giant cell arteritis, in which an anterior ischemic optic disease is concomitant.

Vasculitis should be suspected in patients with polymyalgia, widespread neck pain, and mandibular claudication.


The sudden and painless monocular vision disorder must be urgently investigated by the ophthalmologist who must rule out haemorrhagic phenomena, retinal detachment or optic neuropathy. The presence of fundus retinal edema in the absence of other pathological findings strongly points towards an ischemic origin of the disorder.


The management of retinal arterial occlusion is not uniform.

A recent review of the AHA literature has meetings with leading experts in the field to define what should be the best diagnostic and therapeutic pathway in these patients.

What emerges is that central retinal artery occlusion is a medical emergency.


When a patient arrives in the emergency room with painless monocular vision loss, an urgent eye examination with a fundus oculi (to rule out vitreous or retinal haemorrhage) and screening for arteritis (history, temporal artery palpation, ESR, PCR) is required.


- If arteritis is suspected steroids (IV methylprednisone in high doses) are indicated as soon as possibile.


- If an ischemic / embolic event is suspected, we proceed with ECG, blood chemistry tests, brain CT and neurological evaluation, as in the typical path of ischemic stroke.


Conservative treatments in these cases do not seem effective.

A meta-analysis of the open-label cohort studies in patients with central retinal artery occlusion treated with thrombolysis (IV alteplase 0.9 mg / kg with 10% administered over 1 minute and the rest over 59 minutes) within 4.5 hours showed a clinical recovery of 50% and three RCTs are ongoing in Europe.

Thrombolysis can be considered in patients who have disabling visual impairment after a thorough risk / benefit analysis.


Secondary prevention involves antiplatelet therapy in atherosclerotic occlusion, anticoagulant therapy if atrial fibrillation is detected.

In patients with associated mild ischemic stroke (NISH <4), double anti-aggregation in the first period, followed by single indefinite anti-aggregation may be reasonable.

Significant carotid stenosis requires secondary stroke prevention surgery (It should be treated as symptomatic stenosis).


Follow up is essential by Neurologist/Internist (secondary prevention with control of atherosclerotic risk factors, possible deepening with echocardiogram or ECG Holter) and by Ophthalmologist (optimization of residual vision and reduction of the risk of neovascularization)

We look forward to the outcome of high quality randomized clinical trials in this field.





Italian Version


L’occlusione dell’arteria centrale della retina si associa a perdita dell’acuità visita nell’occhio colpito in un paziente su cinque.

Quando l’occlusione è causata da un evento embolico o aterotrombotico compare un infarto retinico che deve essere considerato al parti di un ictus ischemico, con l’intrinseco rischio di eventi ricorrenti.


L’infarto retinico può essere la complicanza tardiva della compromissione aterosclerotica delle ramificazioni arteriose retiniche o dell’occlusione embolica dell’arteria oftalmica.

L’incidenza è di 2 persone ogni 100.000 abitanti/anno, ma gli eventi asintomatici sono più numerosi.

L’occlusione dell’arteria centrale della retina è fortemente associata a stenosi carotidea omolaterale (circa 1/3 con stenosi >70%), fibrillazione atriale e ai comuni fattori di rischio aterosclerotico.

La conseguenza è una sofferenza ischemica variabile non solo della retina, ma anche del nervo ottico o dei globo oculare, in parte legato alla presenza di circoli collaterali derivanti dall’arteria carotide esterna.

La presenza in un 1/3 dei pazienti dell’arteria cilio-retinica in grado di vascolarizzare la fovea, può far decorrere in modo asintomatico l’occlusione dell’arteria centrale.


Il danno alla retina dipende dalla tempo dalla durata dell’occlusione (il tempo è occhio, potremmo dire): sembra che il danno inizi gradualmente dopo un’ora e mezza, e diventi grave ed irreversibile dopo 4 ore.

I disturbi visivi possono colpire la visione centrale ( acuità visiva), la visione periferica (deficit campimetrico), la visione dei colori e la stereo-visione.

L’8% dei pazienti vanno incontro a perdita permanente della vista con successiva dipendenza funzionale e maggior rischio di cadute.


Il 5% delle occlusioni sono legate ad un disturbo infiammatorio come l’arterite a cellule giganti, in cui concomita un’otticopatia ischemica anteriore.

La vasculite deve essere sospettata in pazienti con polimialgia, dolore al collo diffuso e claudicatio mandibolare.


Il disturbo della visus monoculare improvviso e non dolente deve essere indagato in urgenza dall’oculista che deve escludere fenomeni emorragici, distacco di retina o neuropatia ottica. La presenza di edema retinico al fundus in assenza di altri rilievi patologici orienta fortemente verso una origine ischemica del disturbo.


La gestione appropriata dell’occlusione arteriosa retinica non è uniforme nelle diverse realtà.

Una recente revisione della letteratura dell’AHA ha riunioni i maggiori esperti del settore per definire quale dovrebbe essere il percorso diagnostico terapeutico da seguire in questi pazienti.

Quello che emerge è che l’occlusione dell’arteria centrale retinica è un’emergenza medica.

Quando un paziente arriva in pronto soccorso con la perdita del visus monoculare non dolente è necessario una visita oculistica urgenza con un fundus oculi (per escludere emorragia vitreale o retinica) e lo screening per arterite (anamnesi, palpazione arteria temporale, VES, PCR).


-Nel sospetto di arterite si iniziano subito degli steroidi (metilprednisone ev ad alte dosi).


-Se si sospetta un’evento ischemico/embolico, si procede con ECG, esami ematochimici, TC cerebrale e valutazione neurologica, come nei tipico percorso dello stroke ischemico.

Trattamenti conservativi in questi casi non sembrano efficaci.

Una metanalisi degli studi di coorte in aperto su pazienti con occlusione dell’arteria centrale della retina trattati con trombolisi (alteplase e.v. 0,9 mg / kg con il 10% somministrato in 1 minuto e il resto in 59 minuti) entro 4.5 ore ha mostrato un recupero clinico del 50% e sono in corso tre RCT in Europa.

La trombolisi può essere presa in considerazione nei pazienti che hanno deficit visivi disabilitanti dopo una approfondita analisi del rapporto rischio / beneficio.


La prevenzione secondaria prevede la terapia antiaggregante se l’origine dell’occlusione è di tipo aterosclerotico, terapia anticoagulante se viene rilevata fibrillazione atriale.

Nei pazienti con associato ictus ischemico lieve ( NISH <4) può essere ragionevole la doppia anti-aggregazione nel primo periodo, seguita da singola antiaggregazione a tempo indeterminato.

Una stenosi carotidea significativa richiede un intervento chirurgico per la prevenzione dell'ictus secondario (va trattata come stenosi sintomatica)


Indispensabile il follow up neurologico/internistico (prevenzione secondaria con controllo dei fattori di rischio aterosclerotico, eventuale approfondimento con ecococardiogramma o ECG Holter ) ed oculistico (ottimizzazione della visione residua e riduzione del rischio di neovascolarizzazione)

Attendiamo con impazienza l’esito degli studi clinici randomizzati di alta qualità in questo campo.




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