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Immagine del redattorediego tonello

Aneurismi viscerali. Endovascular first?

Una metanalisi alla ricerca di un consenso per il trattamento di una patologia potenzialmente letale, se non trattata in elezione.

Gli aneurismi arteriosi viscerali rappresentano una patologia rara (0.1% della popolazione) e coinvolgono maggiormente le arterie renali (quasi il 22%), l'arteria epatica e quella splenica, ma tutte le arterie addominali possono presentare una patologia aneurismatica.

Oltre il 60% sono di origine aterosclerotica, negli altri casi sono secondari a patologie del connettivo, patologie infiammatorie o genetiche (es. Sindromi di Marfan o Ehlers-Danlos) o post traumatici.

La storia naturale sembra indicare che la loro crescita è lenta e che l'intervento è indicato quando le dimensioni superano i 2 cm, quando diventano sintomatici o nel caso il loro riscontro sia in bambini o giovani donne.

Il loro trattamento può essere con approccio chirurgico tradizionale (open) o per via endovascolare, ma il confronto diretto tra le due metodiche non è mai stata testato in uno studio clinico.

Per questo motivo l'American Society of Vascular Surgery ha promosso questa metanalisi alla ricerca di un consenso su quale possa essere il miglior trattamento in questa patologia.

Gli autori hanno analizzato 80 studi osservazionali ricavando dati su 2845 aneurismi viscerali.

Per gli aneurismi delle arterie renali, sono stati analizzati circa 2200 interventi tra 1988 e 2011, 60% dei quali trattati con tecnica open.

Il tasso di complicanze nei due gruppi era sovrapponibile (10.5-12.4%), con leggera tendenza a maggiori complicanze cardiache e vascolari periferiche nel gruppo open. Il gruppo endovascolare aveva una degenza più breve (4.6 vs 6 giorni).

I due gruppi non differivano in termini di mortalità, complicanze tromboemboliche o necessità di re-intervento a breve termine.

Pur presentando una maggior incidenza di migrazione delle spirali (29%) il gruppo endovascolare non presentava una incidenza superiore di infarto renale, rispetto all'approccio open.

Il re-intervento a lungo termine era maggiore nel gruppo endovascolare (16 vs 3%).

Per quanto riguarda l'arteria splenica sono stati valutati 785 interventi, di cui 523 con approccio endovascolare.

La mortalità a breve e lungo termine e le complicanze tra due approcci era sovrapponibile nei due gruppi, mentre persisteva una mortalità dello 29% nei pazienti trattati con tecnica open in emergenza per rottura dell'aneurisma.

La necessità di re-intervento era maggiore per l'endovascolare (7% vs 0%).

Su 339 aneurismi dell'arteria epatica, 131 sono stati trattati con tecnica open. La mortalità a breve termine era sovrapponibile, mentre la necessità di re-intervento era maggiore dopo tecnica endovascolare. La migrazione della spirale era dell'8%.

Confronti tra tecnica open ed endovascolare su aneurismi di alti distretti (arterie celiaca, mesenterica superiore, pancreatico duodenale e

gastroduodenale, digiunale, coliche...) non sono possibili: sono casi numericamente ridotti e sono stati trattati prevalentemente con approccio endovascolare.

Da questa metanalisi si conferma come l'approccio endovascolare potrebbe essere considerato di prima scelta negli aneurismi viscerali per una efficacia pari alla tecnica open e con minor tasso di complicanze (in primis l'assenza delle complicanze legate alla laparotomia). Rappresenta un vantaggio anche per il paziente ad altro rischio peri-operatorio e presenta tempi di degenza inferiori. Il candidato ideale alla terapia endovascolare sembra il paziente più anziano, in cui il rischio di re-intervento a lungo termine si riduce.

La ricostruzione open sembra ragionevole nel giovane o quando l'intervento endovascolare appare troppo complesso. Ma presto ce lo diranno le nuove linee guida.




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