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Anticoagulanti diretti anche per la trombosi degli arti superiori?


Idealmente si, ma la questione non è mai stata valutato un trial prospettico.

Il 5-10% delle TVP è a carico degli arti superiori, spesso associato alla presenza di neoplasia, cateteri venosi centrali, PM. Condizioni più rare sono secondarie a trauma, immobilizzazione del braccio, gravidanza. E' descritta anche la trombosi della succlavia correlata allo sforzo (la cosiddetta Sindrome di Paget-Schroetter), che il più delle volte sottende una compressione delle vene succlavie allo stretto toracico.

La sicurezza e l'efficacia dell'uso di anticoagulanti orali diretti (DOAC) in soggetti con trombosi degli arti superiori non sono state valutate sistematicamente e gli unici dati disponibili in letteratura derivano da prove aneddotiche, analisi di registri e piccoli studi monocentrici. 

Ecco un'altra serie di casi 61 pazienti con TVP degli arti superiori non provocata, trattati con DOAC per almeno tre mesi in modo efficace e sicuro (nessun sanguinamento maggiore). E' la prima analisi specifica di trombosi degli arti superiori non associata al cancro e / o CVC.

Nel mondo reale, dall'arrivo dei DOAC, la maggior parte degli specialisti del settore raramente utilizza il warfarin o mantiene il paziente in eparina, dopo una diagnosi di TVP, qualunque sede sia stata colpita.

E poco importa se sono magri, grassi, epilettici, grandi anziani, assumono farmaci interferenti o hanno una funzione renale ai limiti...Si cerca comunque di candidarli ad un DOAC, magari a dose ridotte, spingendosi in acque poco sicure.

Perchè anticoagulare alla cieca è pericoloso, come lo è usare un DOAC nei pazienti con trombosi venose le cui caratteristiche non corrispondono ai criteri di inclusione degli studi registrativi.

Nella terapia sartoriale che siamo chiamati a prescrivere, ci è tuttavia richiesto di prendere delle decisioni in scienza e coscienza, forti che il beneficio clinico netto è conveniente per il nostro paziente.

Anche i DOAC seguiranno probabilmente il destino dell'eparina a basso peso molecolare, che abbiamo per anni utilizzato personalizzandone il dosaggio in base alla clinica e al rischio emorragico, senza fare troppo ricorso al dosaggio della sua attività in vivo (fattore Xa).

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