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Arterial thrombosis in young people: what do you remember about APS?



Arterial thrombosis is a less common identity than thromboembolism and is frequently associated with antiphospholipid antibody (APS) syndrome


It is an autoimmune disease, with an undefined prevalence.

Although the presence of antiphospholipid antibody correlates with disease, their role in the development of thrombosis is not well defined.

The clinic may differ, but a clinical event (venous or arterial thrombosis) and / or pregnancy morbidity is required for diagnosis.

All venous districts can be involved (including visceral, retinal and cerebral veins), while the arterial district most affected is the cerebral one in young patients.


The search for antibodies (Lupus Anticoagulants, anti-Cardiolipin and Anti- beta2glycoprotein) is imperative in all cases of arterial thrombosis or unprovoked venous thrombosis and the positivity must be confirmed in a second test after 12 weeks, because it substantially conditions the therapy .


The pathogenesis of arterial thrombosis is still unclear. It appears that anti-phospholipid antibodies are able to bind oxidized LDLs and once phagocytosed by macrophages transform them into foam cells. Other antibody complexes would be able to activate platelets and endothelium in cascade, triggering a form of early atherosclerosis that can lead to athero-thrombosis.

Platelet inhibition seems to offer good therapeutic outcomes, as it would block endothelial inflammation, mediated by the metalloproteinasis of the matrix, able to maintain itself.


The most frequent clinical presentation is ischemic stroke (13.5%), myocardial infarction (11%) and chronic pulmonary hypertension (11.8%) especially at a young age. In women, there was a correlation between polyabortivity and cerebral thrombosis.

One in four patients with antiphospholipid antibody syndrome has a renal involvement, which begins with a gromerular microvascular thrombosis, but can progress to thrombosis of the renal vein or artery.

The clinical picture may develop asymptomatically, or complicate with therapy-resistant arterial hypertension or renal infarction.

Arterial thrombosis of the upper and lower limbs varies from 3% to 4%, while a form of accelerated atherosclerosis of all arterial districts seems more frequent.


Treatment varies from clinical presentation, but in all cases LMWH is recommended at anticoagulant doses with anti-vitamin K (warfarin), keeping INR between 2 and 3 in all triple positive patients.


In case of relapses in constant therapy, it is recommended to introduce low doses of aspirin (100 mg) or to increase the therapeutic range of warfarin (> 3). A further option is the combination of the anticoagulant with immunotherapy (eculizumab, rituximab, hydroxychloroquine).


In cerebral stroke with weak / transient antibody positivity, even antiplatelet therapy alone can be evaluated.

In acute coronary syndrome, double anti-aggregation should be introduced according to cardiological protocols + warfarin (range INR 2-3), then ASA + warfarin long life.

In thromboembolic pulmonary hypertension, the possibility of surgical thrombectomy should always be evaluated.

Direct anticoagulants are not recommended in triple positives and arterial thrombosis.





Trombosi arteriosa nel giovane: cosa ti ricordi dell’APS?


La trombosi arteriosa è una identità meno frequente del tromboembolismo e frequentemente si associa alla sindrome anticorpi antifosfolipidi (APS)


E’ una malattia autoimmune, con prevalenza non definita.

Anche se la presenza di anti corpi antifosfolipidi correla con la malattia, il loro ruolo nello sviluppo della trombosi non è bene definito.

La clinica può essere difforme, ma per la diagnosi è necessario un evento clinico (trombosi venosa o arteriosa) e/o morbilità gravidica.

Possono essere coinvolti tutti i distretti venosi ( compreso le vene viscerali, retinica e cerebrali), mentre il distretto arterioso maggiormente interessato è quello cerebrale in pazienti giovani.


La ricerca degli anticorpi (Lupus Anticoagulanti, anti Cardiolipina e Antibeta2glicoproteina) è imperativa in tutti i casi di trombosi arteriosa o di trombosi venosa non provocata e la positività va confermata in un secondo test a distanza di 12 settimane, perché condizione in modo sostanziale la terapia.


La patogenesi della trombosi arteriosa non è ancora chiara. Sembra che gli anticorpi anti fosfolipidi siano in grado di legare le LDL ossidate e una volta fagocitati dai macrofagi li trasformino in cellule schiumose. Altri complessi anticorpali sarebbero in grado di attivare a cascata piastrine ed endotelio, scatenando una forma di aterosclerosi precoce che può evolvere in atero-trombosi.

L’inibizione piastrinica sembra offrire buoni esiti terapeutici, in quanto bloccherebbe l’infiammazione endoteliale, mediata dalle metalloprotesi della matrice, in gradio di automantenersi


La presentazione clinica più frequente è l’ictus ischemico (13.5%), l’infarto miocardio ( 11%) e l’ipertensione polmonare cronica (11.8%) soprattutto in giovane età. Nelle donne si è vista una correlazione tra poliabortività e trombosi cerebrale.

Un paziente su quattro con sindrome da anticorpi antifosfolipidi presenta un coinvolgento renale, che inizia con una trombosi microvascolare gromerulare, ma può evolvere in trombosi della vena o dell’arteria renale.

Il quadro clinico può decorrere in modo asintomatico, o complicarsi con ipertensione arteriosa resistente alla terapia o infarto renale.

La trombosi arteriosa degli arti superiori ed inferiori varia dal 3% al 4 %, mentre sembra più frequente una forma di aterosclerosi accelerata di tutti i distretti arteriosi.


Il trattamento varia dalla presentazione clinica, ma in tutti i casi è raccomandato EBPM a dosi anticoagulanti embricando anti-vitamina K (warfarin), mantenendo INR tra 2 e 3 in tutti pazienti con tripla positività.


In caso di recidive in costanza di terapia, si consiglia introduzione di basse dosi di aspirina (100 mg) o di innalzare il range terapeutico del warfarin (>3). Una ulteriore opzione è l’associazione dell’anticoagulante con l’immunoterapia (eculizumab, rituximab,idrossiclorochina).


Nell’ictus cerebrale con debole/transitoria positività anticorpale si può valutare anche la sola terapia antiaggregante.

Nella sindrome coronarica acuta, va introdotta la doppia antiaggregazione secondo protocolli cardiologici + wafarin ( range INR 2-3), quindi ASA+ warfarin long life.

Nell’ipertensione polmonare tromboembolica va sempre valutata anche la possibilità di trombectomia chirurgica.

Gli anticoagulanti diretti restano sconsigliati nei tripli positivi e nelle trombosi arteriose.

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