Quando diciamo aterosclerosi pensiamo all’ictus cerebrale, o l’infarto miocardico o l’arteriopatia periferica in persone anziane.
In realtà essi rappresentano solo l’evento finale di un processo complicato con diversi attori che portano ad alterazioni orientate verso lo stesso processo patologico di accumulo di lipidi ed infiammazione delle grandi arterie iniziato molti anni prima.
La stenosi >50% del vaso riduce il flusso sanguigno a valle, ma lesioni instabili possono rompersi causando trombosi locale o embolizzazione con infarto dei tessuti irrorati.
La lesione ha inizio con l’accumulo di lipidi (principalmente LDL-c) nella tonaca intima, che ossidandosi si trasformano e generano una risposta infiammatoria pari ad una reazione a corpo estraneo.
La flogosi innescata attira i monociti circolanti che escono dal circolo, fagocitano le LDL e diventano cellule schiumose, restando così intrappolati. Le cellule schiumose completano la loro esistenza in apoptosi, dando origine al cuore necrotico instabile.
Le cellule muscolari si attivano, aumentano e migrano per contenere focolaio infiammatorio, creando un cappuccio fibroso: una parte di esse si trasformano in macrofagi per supporto a, finendo per diventare esse stesse cellule schiumose. A poco serve il tentativo di calcificare la lesione da parte degli ostecondrociti.
Le cellule T cercano di contenere e concludere questo processo infimmatorio e attivano la produzione anticorpale da parte delle cellule B, ma così facendo trasformano l’aterosclerosi in processo infiammatorio cronico sistemico.
I macrofagi lavorano assiduamente per eliminare le cellule in apoptosi (efferocitosi), nel tentatativo di riportare la condizione alla normalità, ma con risultato parziale.
La vulnerabilità della lesione dipende più dalla composizione che dalle dimensioni della lesione. Un eccesso del lavoro dei macrofagi può minare l’integrità del cappuccio fibroso, ma l’eccesso di lipidi ossidati può attirare ed intrappolare i neutrofili circolanti ed attivare le proteasi.
Il fisiologico invecchiamento dell’organismo riduce le nostre difese (ridotta clearence della fisiologica senescenza cellulare, stato infiammatorio cronico di basso grado), ma è frequente lo sviluppo di cloni di monociti e neutrofili mutati che tendono ad essere più infiammatori.
I livelli plasmatici di LDL-c costituiscono il principale fattore di rischio per l'aterosclerosi.
Ipertensione, diabete, dieta, obesità, sedentarietà, insonnia, Inquinamento atmosferico, l’alterazione del microbiota intestinale, le infezioni batteriche e virali e il consumo di alcool sono in grado di aumentare l’aterosclerosi. Il fumo aumenta di due volte il rischio di malattia aterosclerotica.
Verso la medicina di precisione.
Attualmente il nostro approccio terapeutico volge alla correzione indiscreta di tutti i fattori di rischio, senza percezione se per quel determinato paziente un fattore sia particolarmente importante rispetto ad un altro.
L’approccio futuro sarà una medicina di precisione, in cui marker genetici potranno indicarci i pazienti maggiormente a suscettibili a questo o quel fattore di rischio aterogenetico, trattando in paziente molto tempo prima dello sviluppo di placche aterosclerotiche.
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