Gli anticoagulanti orali diretti (DOAC) hanno ora indicazione anche nei numerosi pazienti oncologici affetti da tromboembolismo venoso (TEV), ma è indispensabile capire che il risultato non è generalizzabile a tutti i DOAC, né a tutti i tipo di neoplasie, né a tutte le fasi dell’iter terapeutico (o di supporto) dei pazienti.
Nei pazienti oncologici la gestione del TEV è difficile, per l’elevato rischio di recidive (anche in costanza di terapia ) e l’aumentato di rischio emorragico. La condizione è inoltre è fluttuante e dipende dalle condizioni fisiche del paziente, dalle comorbilità, dallo stadio e delle localizzazioni della malattia.
In pratica non c’è una ricetta uguale per tutti e in tutti momenti.
L’EBPM è stato per molti anni il cardine della terapia per la superiorità nella prevenzione delle recidive rispetto agli antagonisti della vitamina K, e avevamo imparato a gestire empiricamente il dosaggio della terapia in maniera sartoriale nei vari pazienti in base al loro rischio emorragico. Tuttavia la somministrazione parenterale ha sempre rappresentato un vero disagio per il paziente, che ne limita l’aderenza al lungo termine.
Una recente (ennesima) revisione sistematica e metanalisi ha valutato i 2600 pazienti inclusi nei vari RCT disegnati ad hoc in questa categoria dei pazienti, evidenziando la non inferiorità dei DOAC vs EBPM nel prevenire le recidive di TEV (5.6% vs 8.3%, RR 0,68; IC 95%, 0,39-1,17), con rischio di sanguinamento maggiore o rilevante tendenzialmente maggiore (RR 1.36 e 1.63), anche se non significativo, senza un reale impatto sulla mortalità (RR 0.96 p:ns).
I quattro RCT incluso hanno valutato 3 DOAC: apixaban ( ADAM-VTE e Caravaggio), edoxaban ( Hokusai VTE Cancer) e rivaroxaban ( SELECT-D), confrontandoli con dalteparina a dose terapeutica per il primo mese, quindi al 75% della dose iniziale. L’ADAM -VTE ha incluso anche TVP degli arti superiori e splancniche. Tutti hanno incluso TEV incidentale. Il trattamento sperimentale variava da 6 a 12 mesi.
Dai dati aggregati emerge che il risultato principale è che i DOAC, confrontati con EBPM, presentano un rischio inferiore del 32% di TEV ricorrente e a un rischio maggiore del 36% di sanguinamento maggiore, sebbene entrambi questi effetti non siano statisticamente significativi. A livello pratico non si evidenzia un vantaggio clinico netto neanche considerando l’end-point composito di TEV ricorrente e sanguinamento maggiore.
Significa che i DOAC sono un’opzione accettabile, anche se non superiore ad EBPM, nei pazienti con cancro.
La maggior parte dei sanguinamenti con DOAC (58%) era di orgine gastrointestinale, suggerendo che i DOAC (in particolare edoxaban e rivaroxaban) andrebbero evitati nei pazienti con tumore dello stomaco o del colon.
Il sottogruppo con TEV accidentale non differiva nei risultati rispetto ai rimanenti pazienti con TEV acuto, né in termini di recidiva che di rischio di sanguinamento.
Tutti gli studi in questa meta-analisi avevano incluso un ampio spettro di pazienti affetti da cancro e il
la percentuale di pazienti con malattia metastatica era consistente e consistente, compresa tra il 53% e il
65%.
Lascia perplesso che una quota di questi pazienti aveva solo una storia di cancro, quindi in teoria dovevano andare meglio degli altri e migliorare i risultati globali dell’analisi. Inoltre, è probabile che il beneficio nella riduzione delle recidive venga mitigato dall’aumento della mortalità legata ai sanguinamenti maggiori.
Molti pazienti negli studi ha ricevuto una terapia anti-tumorale sistemica. Le concentrazioni plasmatiche dei DOAC possono essere alterati da farmaci che inibiscono o inducono la glicoproteina P o il citocromo P450 3A4, compresi diversi agenti chemioterapici, inibitori della tirosin chinasi, tamoxifene e agenti modulanti come il desametasone. I dati su questo sottogruppo di pazienti non sono disponibili e sono necessarie ulteriori ricerche
comprendere meglio la farmacocinetica dei DOAC somministrati in concomitanza con farmaci antitumorali.
In conclusione direi che bisogna fare attenzione a non anticoagulare “alla cieca”, e nel dubbio di interferenza farmacologiche, di alterato assorbimento, o alto rischio emorragico conviene passare alla cara vecchia EBPM che sappiano dosare saggiamente in base al peso e alla funzionalità renale.
Mulder FI, Bosch FTM, Young AM, Marshall A, McBane RD, Zemla TJ, Carrier M, Kamphuisen PW, Bossuyt PMM, Büller HR, Weitz JI, Middeldorp S, van Es N. Direct oral anticoagulants for cancer-associated venous thromboembolism: a systematic review and meta-analysis. Blood. 2020 Sep 17;136(12):1433-1441.
In attesa di chemio continuerei con EBPM a dosi terapeutiche. Ma va escluso una Hit se non ci sono altre cause per la piastirnopenia. Chiedi ab anti PF4. Terminata la chemio, potrebbe passare ad un doac tipo edoxaban, ma va valutato allora il rischio emorragico.
Grazie e complimenti come sempre per la puntuale argomentazione.... Caro Diego arrivo io con il caso clinico....come eravamo abituati a Castelfranco!
PZ di 75 aa mieloma con lisi ossee diffuse. Recente polmonite bilaterale. Fibrillazione atriale ad alta risposta di nuovo riscontro cardiovertita con cordarone. All ingresso plts 200.000 dopo due settimane circa di ebpm 6000 x 2 plts scendono gradualmente, fino a 80.000. In realtà scendono anche GR e Hb. Non I bianchi ma l ematologo aveva aggiunto cortisone... Vista la piastrinopenia ingravescente e dato che il PZ appena avremo esito biopsia osteo midollare probabilmente inizierà chemio il cardiologo consiglia Coumadin..... Tu cosa ne pensi?