Lo scopo di un filtro cavale è di prevenire l’embolia polmonare nei pazienti con trombosi venosa profonda nei pazienti che presentano una controindicazione assoluta e temporanea alla terapia anticoagulante.
Le complicanze a lungo termine di un filtro permanente sono diverse: recidive di TVP, fratture e migrazioni del filtro, penetrazione nella vena cava.
Lasciare in sede un filtro non modifica la mortalità a lungo termine del paziente; pertanto, le indicazioni attuali sono quelli impiantare filtri cavali temporanei, da rimuove quanto prima.
Nella pratica clinica, tuttavia, alcuni filtri sono difficilmente recuperabili per motivi tecnici e si lascia il filtro in sede perché il paziente è troppo anziano o è passato troppo tempo dall’impianto. In questi casi il clinico è portato a porre l’indicazione a proseguire con la terapia anticoagulante anche se l’evento tromboembolico aveva natura secondaria.
Questo studio retrospettivo multicentrico valuta il follow up di pazienti portatori di filtro cavale permanente in cui è stata proseguita la terapia anticoagulante.
195 pazienti portatori di filtro permanente oltre metà dei quali affetti da cancro, sono stati seguiti per circa 5 anni. Quasi il 90% di questi pazienti sono stati trattati con terapia anticoagulante orale.
Il gruppo di controllo, in cui il filtro cavale era stato rimosso, presentava una prevalenza di cancro del 38% e solo un 20% di questi pazienti era stato posto a terapia anticoagulante per un periodo esteso.
Dalle analisi emerge come la causa principale della morte era legata alla patologia neoplastica sottostante.
Le recidive tromboemboliche nei pazienti in terapia anticoagulante si sono verificate in soli 6 pazienti. Due pazienti presentavano una trombofilia maggiore (deficit di AT III e sindrome da anticorpi anti fosfolipidi); un paziente aveva sospeso la terapia anticoagulante per un evento emorragico; in quattro pazienti l’INR non era in range terapeutico o c’era stata una scarsa aderenza alla terapia.
Il filtro cavale rappresenta un rischio per la TVP ricorrente e può costituire un motivo per continuare l'anticoagulazione.
Dai dati di questo studio emerge come la terapia anticoagulante riduce effettivamente il numero delle recidive tromboemboliche rispetto a studi precedenti.
È interessante notare che ben 37 pazienti con filtro cavale erano in trattamento con DOAC e non sono state segnale complicanze legate alla trombosi del filtro. Anzi, li livello di anticoagulazione costante, la maggior aderenza e il minor rischio di sanguinamento rispetto al warfarin li renderebbe i farmaci idonei per la terapia in esteso, anche se la presenza di un filtro cavale era un fattore di esclusione per gli studi di registrazione dei DOAC.
Attendiamo l’esito del trial in corso che sta confrontando rivaroxaban e warfarin nei pazienti con filtro cavale, anche se la progressiva riduzione degli impianti di questi dispositivi non ci fa sperare risultati a breve.
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