Un paziente con una neoplasia che presenta un evento trombotico ha una prognosi peggiore.
Il cancro aumenta sensibilmente il rischio di trombosi per fattori associati al tumore stesso (es. pancreas, stomaco, polmone, encefalo) che alla terapia (chemioterapia, cateteri centrali, ipo-mobilizzazione)
Considerato che il tromboembolismo venoso (TEV) è prevenibile, perché non attuare una profilassi a tappeto in tutti i pazienti?
La risposta è articolata, perché ogni neoplasia e ogni paziente presentano un rischio trombotico diverso e perché i pazienti con cancro sanguinano di più. Inoltre, se è vero che i pazienti con TEV hanno una mortalità maggiore, è anche vero che essi non muoiono principalmente di embolia polmonare. Il TEV è verosimilmente un marker di malattia più aggressiva.
In questo quadro si aggiunge il fatto che un paziente con TEV deve spesso interrompere o posticipare i trattamenti chemioterapici
Nella diagnosi di TEV il D-dimero è inutile. Nel sospetto clinico si ricorre direttamente all’ecocolorDoppler e/o all’angioTC polmonare.
Profilassi del TEV.
La terapia antineoplastica aumenta il rischio di TEV e la profilassi antitrombotica può essere considerata nei pazienti ad alto rischio, secondo modelli convalidati.
EBPM a dosi profilattiche possono essere utilizzate nei pazienti ambulatoriali seguendo lo score di Korana. La profilassi indiscriminata in tutti i pazienti ambulatoriali in CT non è giustificata.
EBPM si è dimostrata più sicura dei DOAC basse dosi in questa categoria di pazienti. La durata ottimale della profilassi nei pazienti ambulatoriale non è stata stabilita con certezza, varia da tre a 6 mesi in corso di chemioterapia.
Nei pazienti sottoposti a chirurgia oncologica la durata della profilassi deve durare almeno 10 giorni e può essere estesa fino a 4 settimane senza significativo incremento del sanguinamento. Ci guida il punteggio di Caprini.
Trattamento del TEV nei pazienti con cancro.
Il trattamento anticoagulante nei pazienti oncologici è meno efficace, con un aumento del rischio di recidiva di trombosi e si associa ad un rischio maggiore di sanguinamento.
L'efficacia e la sicurezza degli anticoagulanti orali diretti (apixaban, rivaroxaban, edoxaban) sono state recentemente testate per il trattamento della trombosi associata a cancro e offrono un'alternativa all'eparina a basso peso molecolare.
I DOAC si sono dimostrati più efficaci dell’EBPM nella prevenzione delle recidive di TEV, ma con un aumento del rischio di sanguinamento in particolare nei pazienti con cancro gastrointestinale ed urologico. Il profilo di sicurezza maggiore sembra a favore di apixaban.
Vanno valutate sempre la funzione renale, le terapie concomitanti e il possibile malassorbimento legato agli effetti gastrointestinali delle chemioterapie.
La durata ottimale del trattamento non è certa, va comunque considerato l’estensione del trattamento oltre i sei mesi se la malattia oncologica è attiva e ancora in fase avanzata.
In caso di embolia incidentale asintomatica riscontrata occasionalmente durante delle indagini di stadiazione è consigliato un trattamento di almeno di tre mesi, considerato l’alto rischio di recidiva, anche in embolie sub-segmentarie.
Anche in corso di piastrinopenia possono essere utilizzate dosi terapeutiche di EBPM per valori >50,000/μL Più complesso quando il paziente presenta valori di piastrine <50,000/μL. In questo caso se il rischio di progressione è elevato (<30 giorni della diagnosi, embolia segmentaria o lobare, storia di TEV recidivante) è utile trasfondere piastrine per portare la conta piastrinica >40-50 e trattare con EBPM a dosi terapeutiche; se il rischio di progressione è basso ( >30 dalla diagnosi, TVP distale, embolia sub-segmentaria isolata) conviene utilizzare una dose profilattica di EBPM, sospendendo la terapia se piastrine <25.
L’uso del filtro cavale potrebbe ridurre il rischio di embolia polmonare, ma aumenta il rischio TVP e non sembra aumentare la sopravvivenza dei pazienti. Trova indicazione in pazienti con controindicazione assoluta alla terapia anticoagulante che presentano un alto rischio di TEV con pericolo embolia massiva.
Nei pazienti portatori di catetere venoso centrale la profilassi farmacologica di routine non è raccomandata.
In presenza di trombosi associata a CVC è raccomandato trattamento con EBPM per tre mesi o finchè il catetere è in sede. Warfarin e DOAC posso essere considerate delle alternative a EBPM.
Il catetere va rimosso se infetto, non funzionante o se il quadro clinico peggiora nonostante la terapia.
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