Still doubts about the futility of hyperimmune plasma therapy in COVID?
The low risk of side effects associated with plasma therapy for those recovered from COVID, promptly authorized its therapeutic use, which spread rapidly worldwide, with great hopes.
The RECOVERY (Randomized Evaluation of COVID-19 Therapy), the largest study in this regard and with a lower risk of bias (public protocol and data), after monitoring the outcomes on over 10,000 patients treated with hyperimmune plasma, suspended the recruitment due to the lack of clinical benefit last January 15 (18% mortality comparable to placebo).
Read this recent meta-analysis and systematic review of nearly 12,000 patients enrolled in 10 randomized, placebo-tested trials worldwide.
Any type of hyperimmune plasma was compared: high and low titers of Ig, administered in the first days of illness and late, in more or less critical patients, outpatient or hospitalized patients ...
The result is crystal clear when more data are put together to have statistical significance and the rigid Cochrane criteria are used to eliminate bias: there is no influence on mortality or other out-comes compared to placebo (RR 0, 93, CI, 0.63-1.38, RRA −1.21% CI −5.29% to 2.88%). The certainty of evidence was low to moderate for all cause mortality and low for other outcomes such as hospital stay or the use of mechanical ventilation.
The evidence is largely dominated by the RECOVERY study, which accounts for 90.2% of the weight in the meta-analysis, although the pooled results from the 4 peer-reviewed studies are similar.
More than 100 RCTs on hyperimmune plasma are still ongoing, with the risk of being discontinued early or never published.
When it is too difficult to prove the goodness of a treatment, perhaps we need to change our strategy and use our resources for a new idea. These results were not negative in themselves, in fact they paved the way for promising monoclonal antibody therapy.
In medicine, as in life, you win or learn. But we must learn these lessons quickly, our patients cannot wait.
Italian Version.
Ancora dubbi sulla futilità della terapia con plasma iperimmune nel COVID?
Il basso rischio di effetti collaterali legata alla terapia con il plasma dei guariti dal COVID, ne ha fatto autorizzare velocemente l’impiego terapeutico che si è diffuso velocemente a livello mondiale, con grandi speranze.
Il RECOVERY (Randomized Evaluation of COVID-19 Therapy), lo studio più grande in merito e con rischio di bias minore (protocollo e dati pubblici e accessibili), dopo il monitoraggio degli out-come su oltre 10.000 pazienti trattati con plasma iperimmune, ne ha sospeso il reclutamento per l’assenza di beneficio clinico lo scorso 15 gennaio (mortalità del 18% sovrapponibile al placebo).
Leggetevi questa recente metanalisi e revisione sistematica su quasi 12.000 pazienti reclutati in 10 trial randomizzati e testati contro placebo in tutto il mondo.
E’ stato confrontato qualsiasi tipo di plasma iperimmune: alti e bassi titoli di Ig, somministrato nei primi giorni di malattia che tardivamente, in pazienti ambulatoriali o ricoverati, più o meno critici…
Il risultato è cristallino, quando si mettono assieme più dati per avere una significatività statistica e si usano i rigidi criteri di Cochrane per eliminare i bias: non c’è nessuna influenza sulla mortalità o su altri out-come rispetto al placebo (RR 0,93, CI, 0,63-1,38, RRA −1,21% CI −5,29% al 2,88%).La certezza dell'evidenza era da bassa a moderata per la mortalità per tutte le cause e bassa per altri risultati come la degenza ospedaliera o l’uso della ventilazione meccanica.
L'evidenza è in gran parte dominata dallo studio RECOVERY, che rappresenta il 90,2% del peso nella meta-analisi, sebbene i risultati aggregati dei 4 studi sottoposti a peer-reviewed siano simili.
Sono ancora in corso ancora più di 100 RCT sul plasma iperimmune, che presentano il rischio di essere interrotti precocemente o mai pubblicati.
Quando è troppo difficile dimostrare la bontà di un trattamento, forse bisogna cambiare strategia e utilizzare le nostre risorse per un’idea nuova. Questi risultati non sono stati in sé negativi, anzi hanno aperto la strada alla promettente terapia con anticorpi monoclonali. In medicina, come nella vita, o si vince o si impara. Ma dobbiamo fare presto ad imparare queste lezioni, i nostri pazienti non possono aspettare.
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