Il dr. D. Garros a Novembre pubblica su Chest un articolo dedicato a noi sanitari, impegnati in questa emergenza, di cui vi propongo i passaggi principali.
In tutto il mondo, come operatori sanitari, siamo sottoposti in questo anno ad un stress senza precedenti. Dobbiamo lottare contro un virus contro cui non abbiamo ancora una cura efficace e poniamo speranza nei vaccini appena arrivati.
L’assistenza insufficiente, la scarsità dei presidi si associano ad un pesante carico emotivo legato a dover accompagnare i pazienti lungo un percorso di fine vita in solitudine.
Medici ed infermieri che vengono colpiti dal virus sono isolati, mentre il lavoro si distribuisce sui pochi che restano, molti dei quali sono chiamati ad esercitare una specialità che non è quella in cui si sono formati.
Oltre 250 medici in Italia sono morti di COVID dopo aver assistito i loro malati.
Al di là degli oneri fisici e psicologici, sembra che i sanitari vivano attualmente una sorta di angoscia morale, legata all’impossibilità di garantire a tutti le cure necessarie. Questa sorta di minaccia alla loro integrità morale può portare a frustrazione, rabbia, senso di colpa, ansia, somatizzazione.
Una volta superata la pandemia, è elevato il rischio di un disturbo post-traumatico da stress.
Pochi finora hanno pensato di mollare di fronte a questo Tsunami, anzi molti si sono offerti spontaneamente di coprire turni extra, i pensionati sono tornati a dare una mano, i neolaureati si sono gettati per la prima volta in corsie sconosciute.
Il sanitario che sta per crollare emotivamente non deve essere considerato “troppo emotivo, incapace di sopportare fatica e stress”, ma in realtà come una persona coscienziosa che esercita in contesti problematici.
Ecco perché le nostre preoccupazioni non vanno nascoste, ma vanno esposte e analizzate.
E’ lecito sentire il peso di scelte difficili in un regime di risorse limitate, e non possiamo pensare di non condividere il carico morale di decisioni che hanno impatto sulla vita dei nostri malati.
Il coraggio morale consiste nel provare paura ed agire comunque, sentendosi supportato dalla propria squadra di lavoro.
Per poter far fronte ad uno stress così elevato è necessario una capacità di adattamento tipico delle persone resilienti.
La resilienza trova la sua energia nella cura di sé: riposo adeguato, esercizio fisico, spiritualità, meditazione, pratica di interessi personali e hobby al fuori dell’ambiente di lavoro. Queste pratiche, vissute anche come minime pause, hanno il pregio di allontanare il rischio di ansia, burn-out e disturbo post traumatico da stress.
Possiamo inoltre scegliere l’atteggiamento con cui vivere questa circostanza.
Lavorare con ottimismo, gioia e altruismo potrà aiutare noi e i nostri compagni a vedere nel loro lavoro lo scopo profondo di servire un bene maggiore.
Per fare questo è necessario accettare la dura realtà di questa pandemia, con la sua ingiustizia e la l’orrenda sofferenza legata agli scarsi mezzi che abbiamo per combatterla.
E non dobbiamo smettere di dare significato alla vita anche nella sofferenza, di cercare soluzioni nuove, aiuti originali per chi è in difficoltà.
Con compassione, insieme, agiamo, creiamo la storia, riaffermiamo il nostro ruolo per fare la differenza.
Sapremo improvvisare ed adattarci, mettendo in campo tutte le conoscenze maturate finora.
E ci sapremo stringere l’un l’altro dandoci un mano, riconoscendo con generosità e benevolenza il contributo che ognuno di noi sta dando in questa guerra.
La gratitudine ci ispirerà ad indentificare il bene, anche nel caos di lamentele, fardelli e problemi, riconoscendo che sono le persone che incontriamo ad dare il senso alla nostra vita. E nel tentativo di salvare loro, salveremo anche noi stessi.
«Ricorda che nell'ora buia di qualsiasi uomo, una pacca sulla spalla e una stretta di mano sincera può fare un piccolo miracolo. "- Brigadier-General SLA Marshall, 1950.
www.diegotonello.com
Parole sante.... grazie mitico Diego !!!