Le occlusioni vascolari retiniche sono cause comuni di perdita della vista, ma dobbiamo distinguere tra occlusione vascolare arteriosa e venosa perché hanno due approcci molto diversi.
L’occlusione arteriosa è di competenza neurologica al pari di un ictus, mentre la trombosi venosa retinica è di pertinenza prettamente oculistica.
Vediamo i punti caratteristici delle due patologie:
Occlusione arteriosa retinica:
L’incidenza è 1/100.000/anno.
L’ischemia può essere transitoria o evolvere in un infarto retinico con meccanismi e cause identici a quelli degli ictus nel territorio della carotide interna.
Si associa ai comuni fattori di rischio aterosclerotico, nel 40% c’è una stenosi carotidea, nel 10-50% sono presenti fibrillazione atriale parossistica o placche anfrattuose dall’arco aortico e la RNM cerebrale evidenzia spesso lesioni ischemiche asintomatiche.
Per l’ alto rischio di recidiva a breve termine in questi casi è opportuno instaurare precocemente una terapia aggressiva.
Raramente l’occlusione retinica è legata a vasculite sistemica (arterite a cellule giganti).
L’occlusione dell’arteria retinica porta alla perdita monoculare della vista ( transitoria o persistente) di grado variabile in base alle dimensioni del vaso colpito. E’ un blackout visivo indolore in un occhio che può durare anche solo pochi minuti. L’occlusione dell’arteria oftalmica è invece devastante, con successivo sviluppo di neo-vascolarizzazione ischemica con numerose complicanze oculari.
Il 25 % dei pazienti ha un’arteria cilioretinica di compenso che garantisce un circolo collaterale parzialmente efficace. Solo un paziente su cinque ha un miglioramento visivo correlato alla ricanalizzazione dell’arteria occlusa.
Gli emboli più piccoli possono migrare nelle arterie retiniche.
E’ importante escludere in urgenza una vasculite con esami ematochimici ( emocromo, VES, PCR) in pazienti con >50 anni, che potrebbero necessitare di alte dose di steroidi in urgenza.
Una volta posta la diagnosi con visita oculistica ed esclusa una vasculite, il paziente va solitamente ricoverato e gestito da una stroke unit. Il trattamento più promettente è la trombolisi con rtPA entro 4.5 ore dall’esordio della clinica, che tuttavia non viene offerto in tutti i centri.
Gli RCT che hanno testato l’efficacia dell’rtPA non hanno mostrato più efficacia rispetto alla terapia convenzionale, con effetti avversi non trascurabili, ma, a dire il vero, hanno trattato pazienti molto tardi (20-24h dall’esordio dei sintomi).
Occlusione venosa retinica.
E’ il disturbo vascolare retinico più comune dopo la retinopatia diabetica ed una delle principali cause di disabilità visiva.
E’ importante distinguere la trombosi della vena centrale della retinica (CEVO) da una trombosi di una branca venosa (BRVO)
Incidenza 0.03% (BRVO), 0.6-1.2% (BRVO) per anno.
Sono più a rischio pazienti con ipertensione, diabete, glaucoma.
La trombosi retinica centrale (CEVO) nei pazienti giovani tende a risolversi spontaneamente, mentre nei pazienti di età superiore ai 40 anni, con una sottostante patologia arteriosa, la trombosi si complica con gradi differenti di ischemia retinica e rischio di danno progressivo e permanente della vista. La causa della perdita visiva progressiva è imputabile alla neo-vascolarizzazione indotta dai fattori di crescita (VEGF A).
Il rischio ischemico e la conseguenze neo-vascolarizzazione dipendono dall’estensione della trombosi, con complicanze a medio lungo termine che portano a glaucoma, emorragia vitreale, distacco della retinca e perdita della vista.
La trombosi di branca venosa (BRVO) compare negli incroci artero-venosi, dove la vena è compressa dall’arteria. Il rischio di danno permanente è nettamente inferiore rispetto alla trombosi della vena centrale, ma comunque un paziente su tre presenta conseguenze tali non riuscire più a leggere o guidare l’auto.
CRVO e BRVO in acuto solitamente causano perdita della vista monolaterale indolore. Il paziente ricorre al medico tardi, quando si accorge della della difficoltà nella visione di profondità o compaio i sintomi del glaucoma (anche mesi dopo la trombosi).
Nei giovani, prima dei 40 anni, in particolare con trombosi bilaterale, dovremo escludere una trombofilia o stati di iperviscosità. Negli altri vanno valutate le condizioni mediche associate (ipertensione, diabete, dislipidemia) e trattate in modo ottimale.
Il trattamento della trombosi è rivolto alla prevenzione della neo-vascolarizzazione con antagonisti del VEGFA iniettati per via intraoculare mensilmente per 6 mesi, ma nel follow up potrebbe rendersi necessario proseguire il trattamento anche per anni.
Nei pazienti non responsivi, con importante edema maculare, può essere utile il desamentasone intraoculare, anche se gravato dal rischio di cataratta e glaucoma secondario.
I trombolitici non sono raccomandati. Gli anticoagulanti hanno senso solo nei pazienti con sottostante accertata trombofilia.
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