Tommaso è un giovane collega di medicina generale. Barbetta incolta su una faccia da ragazzino, sneakers ai piedi e sorriso gentile. È normale che tutte le pazienti anziane si siano subito innamorate di lui.
È coscienzioso, non ha ancora finito il corso di formazione e quando ha qualche dubbio si confronta. E così impariamo entrambi dal mondo che cambia i suoi modelli di cura.
Mi scrive per rinnovare un piano terapeutico per un DOAC in una paziente di 98 anni che ha presentato due episodi di trombosi venosa profonda con embolia polmonare.
“La paziente ha ancora un po’ di autonomia, ma si muove poco. Gli esami ematici sono buoni, non ha presentato eventi emorragici. Non so se visto l’età valga la pena sospendere ogni terapia…”
La domanda è legittima. Io ho consigliato di proseguire con un basso dosaggio. E tu?
La popolazione generale sta invecchiando e i pazienti con più di 90 anni saranno molto rappresentati nei prossimi decenni.
Anche se i pazienti molto anziani sono stati esclusi dagli studi registrativi sui DOAC, le evidenze da studi osservazionali stanno aumentando, soprattutto nei pazienti con fibrillazione atriale.
La fibrillazione atriale è attualmente presente nel 15% dei pazienti anziani con più di 80 anni, e nel 2060 questa percentuale salirà al 65% in Europa. In questi pazienti la terapia antiaggregante è inefficace e pericolosa, con rischi di emorragia pari al warfarin.
Il warfarin è efficace, spesso sono sufficienti dosi basse giornaliere per ottenere un effetto anticoagulante, ma la frequenza di INR in range terapeutico è scarsa.
L’impatto clinico di un’ischemia cerebrale, di un embolizzazione periferica o di un eventi tromboembolico sono spesso sottovalutati e la terapia anticoagulante non viene prescritta per timore di un sanguinamento maggiore.
I DOAC sembrano più efficaci e sicuri del warfarin nei grandi anziani con fibrillazione atriale, ma l’approccio deve essere individualizzato con aggiustamento della dose in base alla funzionalità renale, il peso e tenendo conto degli altri trattamenti in corso, dell’aderenza alla terapia e del rischio di cadute.
Le metanalisi concordano anche sulla superiorità dei DOAC rispetto ai VKA o antipiastrinici nella prevenzione del tromboembolismo, nella mortalità e nella riduzione del rischio di sanguinamento (in particolare nell’emorragia intracranica, meno nell’emorragia gastrointestinale).
La vecchiaia è in sé un fattore di rischio pro-trombotico (i fattori pro coagulanti aumentano, la disfunzione endoteliale si aggrava e la mobilizzazione si riduce), e la bio-disponilità dei farmaci potrebbe essere diversa legata alla modifica della composizione corporea, la ridotta clearance epatica e renale, il ridotto svuotamento gastrico e l’ipoalbuminemia.
Apixaban in tutte le metanalisi è associato al profilo rischio-beneficio più favorevole, seguito da edoxaban.
Rivaroxaban è stato collegato a un aumento dell'incidenza di emorragia intracranica, mentre un aumento dose-dipendente degli episodi emorragici maggiori è stato documentato in dabigatran
Il dosaggio del DOAC emerge come un aspetto importante nel determinare la strategia anticoagulante per gli ottuagenari e nonagenari (soprattutto nei sarcopenici e nei pazienti con insufficienza renale).
La fragilità, il deterioramento cognitivo e il rischio di cadute non dovrebbero scoraggiare né i pazienti né i medici dall'inizio e dall'aderenza al DOAC perché il beneficio della prevenzione tromboembolica e cardio-embolica supera ampiamente i rischi legati alle cadute accidentali.
Il rapporto rischio/beneficio va rivalutato periodicamente.
In futuro, confronteremo i profili rischio-beneficio di dosi di DOAC normalmente ridotte e dosi ultra-basse (p.es. 30 mg/die vs 15 mg/die per edoxaban, ma anche per altri DOAC), che potrebbero avere un ruolo nell’anziano.
Le linee guida geriatriche dovrebbero sviluppare algoritmi utili specificamente convalidati per guidare la terapia anticoagulante nei grandi anziani dopo aver considerato tutti i fattori di rischio specifici di questa popolazione.
Nel frattempo, ci guiderà il buon senso e la distinzione tra età biologica ed età anagrafica.
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